Qui di seguito potete trovare alcune domande ricorrenti relative al tema “Alimentazione”.
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DOMANDE RICORRENTI (F.A.Q.)

1) Sarà possibile trovare prodotti dietetici per persone celiache anche nei supermercati e non essere costretti a recarsi solo in farmacia?

2) I prodotti alimentari europei sono davvero sicuri per noi consumatori?

3) Qual’è la “strategia” per migliorare la sicurezza alimentare?

4) Cosa s’intende per “principio di precauzione” di un prodotto?

5) Che ruolo ricopre l’ Efsa?

6) Che tipo di controlli vengono oggi effettuati a tutela dei consumatori?

7) Si sente parlare di sistema di allarme rapido, cosa è esattamente?

8) Si parla dei 4 marchi di qualità riconosciuti dall’ UE, quali sono?

RISPOSTE

1) Sarà possibile trovare prodotti dietetici per persone celiache anche nei supermercati e non essere costretti a recarsi solo in farmacia?
La Giunta regionale emiliana ha approvato un progetto sperimentale – da realizzare nel territorio delle Aziende Usl di Modena, Bologna, Imola e Ferrara, per l´approvvigionamento dei prodotti dietetici a carico del Servizio sanitario regionale anche in supermercati convenzionati, oltre che in farmacia (come avviene attualmente). Il progetto sarà avviato nei primi mesi del prossimo anno, dopo la firma di accordi locali tra le Aziende Usl e i rappresentanti delle tre catene distributive che hanno aderito alla sperimentazione: Nordiconad, Coop Estense e Coop Adriatica. Bologna, 29 novembre 2006 – La Giunta regionale dell’Emilia-Romagna ha approvato un progetto sperimentale innovativo per consentire alle persone affette da celiachia di potersi rifornire degli alimenti dietetici a carico del Servizio sanitario regionale nei negozi della grande distribuzione convenzionati, oltre che nelle farmacie. Lo prevede la delibera 1586/2006 che ha raccolto e valutato positivamente una proposta avanzata dalla Associazione italiana celiachia dell’Emilia-Romagna. La sperimentazione sarà attivata nei territori delle Aziende Usl di Modena, Bologna, Imola e Ferrara e si realizzerà a partire dai primi mesi del 2007, dopo la firma degli accordi locali tra i direttori generali delle medesime AUsl e i legali rappresentanti delle tre catene distributive che hanno aderito all’iniziativa: Nordiconad, Coop Estense e Coop Adriatica. Se i risultati della sperimentazione saranno positivi, si lavorerà per estendere successivamente questa nuova opportunità a tutto il territorio regionale. I cittadini emiliano-romagnoli affetti da celiachia erano oltre 5.600 alla fine del 2005. Nello stesso anno, la spesa a carico del Servizio sanitario regionale per gli alimenti dietetici per celiaci è stata di 7,2 milioni di euro. A soffrire di questa intolleranza alimentare sono soprattutto le persone adulte, ma anche 1.100 bambini e oltre 900 adolescenti della nostra regione. Il contributo pro-capite erogato dalle Aziende Usl dell’Emilia-Romagna per l’approvvigionamento di prodotti dietetici può arrivare a 140 euro al mese. La delibera sull’avvio del progetto sperimentale fa riferimento alla legge 123 del 2005, che riconosce la malattia celiaca come malattia sociale, e intende perciò garantire la massima accessibilità delle persone interessate ai servizi dedicati, compresi i prodotti alimentari. Attualmente le persone affette da celiachia ricevono dall’Azienda Usl di residenza 12 buoni l’anno, che possono essere spesi in una unica soluzione mensile e soltanto nelle farmacie convenzionate. Con il progetto, i cittadini e le cittadine con celiachia residenti nei territori delle quattro Aziende Usl avranno la possibilità di scomporre il buono mensile in 4 buoni del valore ciascuno di un quarto del totale, per potersi approvvigionare in momenti diversi nel corso del mese dei prodotti per la propria alimentazione non solo nelle farmacie convenzionate, ma anche nei punti vendita degli esercizi commerciali delle tre catene distributive che aderiscono al progetto regionale. I nuovi buoni (4 da spendere in un mese)i saranno inviati alle persone interessate residenti nelle quattro Aziende Usl (oltre 2.500 cittadini), assieme all´elenco dei punti vendita dove sarà possibile spendere i buoni per i prodotti dietetici a carico del Servizio sanitario regionale. Primoconsumo segnalerà questa iniziativa alla Regione Lazio e pubblicherà eventuali sviluppi sul sito.
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2) I prodotti alimentari europei sono davvero sicuri per noi consumatori?
La sicurezza alimentare ha in Europa priorità assoluta. Le rigorose norme UE sono state ulteriormente irrigidite dopo il 2000 affinché il cibo degli europei sia del tutto sicuro. Il nuovo approccio è più integrato: cibo e mangimi sono seguiti passo passo dai campi alla tavola. Le autorità UE valutano accuratamente i rischi e si avvalgono sempre della miglior consulenza scientifica possibile prima di bandire o permettere prodotti, ingredienti, additivi o OGM. Ciò vale per ogni alimento, umano e animale, che provenga dall’interno o dall’esterno della UE. Sicurezza non significa uniformità. L’UE promuove la diversità basata sulla qualità. La legislazione europea tutela gli alimenti tradizionali e di zone specifiche e fa sì che i consumatori li possano distinguere dalle copie. L’UE incoraggia i suoi agricoltori a concentrarsi sulla qualità, non solo degli alimenti ma anche dell’ambiente rurale. L’UE rispetta il diritto dei consumatori a scelte consapevoli: essa incoraggia dibattiti pubblici, impone etichette che informino, pubblica pareri scientifici che ottiene, affinché i consumatori abbiano fiducia negli alimenti di cui si nutrono.
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3) Qual’è la “strategia” per migliorare la sicurezza alimentare?
I consumatori europei vogliono consumare alimenti sicuri e sani. Il compito che si è data l’Unione europea (UE) è quello di garantire che il cibo che consumiamo abbia lo stesso standard elevato per tutti i cittadini, che si tratti di un prodotto nostrano o importato da un altro paese, dentro o fuori l’UE. L’attività per migliorare la sicurezza alimentare non si è mai arrestata ma, di recente, è stata profondamente rivista, in risposta soprattutto al panico creatosi negli anni novanta intorno alla sindrome cosiddetta della «mucca pazza», ai cibi contaminati dalla diossina e all’olio d’oliva adulterato. Occorreva non solo far sì che la legislazione UE sulla sicurezza alimentare fosse quanto di più aggiornato esistesse in campo normativo ma anche che i consumatori fossero ampiamente informati su potenziali rischi e su quanto fosse stato fatto per ridurli al minimo. Se il «rischio zero» non esiste, con strategie a vasto raggio sulla sicurezza alimentare, l’UE cerca di contenerlo adottando norme moderne sugli alimenti e l’igiene, basate sui più avanzati dati scientifici. La sicurezza alimentare inizia dal produttore. Le norme si applicano dal produttore al consumatore sia che il nostro cibo sia prodotto nell’UE o che venga importato da altre parti del mondo. Gli elementi essenziali della strategia UE per la sicurezza alimentare sono: • norme sulla sicurezza dei prodotti per l’alimentazione umana e animale; • consulenza scientifica indipendente e pubblicamente disponibile; • applicazione delle regole e controllo dei procedimenti; • riconoscere il diritto dei consumatori di scegliere in base a informazioni esaurienti sulla provenienza dei cibi e sul loro contenuto.
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4) Cosa s’intende per “principio di precauzione” di un prodotto?
Prima di prendere la decisione politica se un prodotto destinato all’alimentazione umana o animale sia sicuro o se permettere un particolare ingrediente o additivo, l’UE esamina il parere scientifico. Nella gestione dei rischi, l’UE applica il «principio di precauzione»: se esiste il ragionevole sospetto di un rischio, la Commissione agisce per limitarlo. Non è necessario attendere la prova dell’esistenza reale di un rischio. È ovvio che tale principio non va usato pretestuosamente per misure protezionistiche. Se gli scienziati non hanno stabilito in via definitiva la natura del rischio, devono individuarne effetti almeno potenzialmente pericolosi prima che la Commissione possa legittimamente ricorrere al principio di precauzione e adottare provvedimenti su un prodotto destinato all’alimentazione umana o animale. Qualunque iniziativa della Commissione mirerà solo ai rischi potenziali. Sarà non discriminatoria; avrà effetti cioè su tutti i produttori in ugual misura. Si baserà su un esame dei costi e dei vantaggi dell’intervento e del non intervento e sarà provvisoria mentre continua la ricerca per ottenere maggior certezza scientifica.
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5) Che ruolo ricopre l’ Efsa?
L’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) è consulente delle istituzioni UE, soprattutto della Commissione europea, su tutti gli aspetti scientifici relativi alla produzione, lavorazione e commercializzazione di cibi e mangimi. Essa interviene in campi come l’alimentazione, gli organismi geneticamente modificati (OGM), la salute e il benessere degli animali e la fitosanità. L’EFSA fornisce alle istanze decisionali dell’UE pareri scientifici in modo più efficiente e trasparente che in passato. Una volta ottenuto il parere scientifico dell’EFSA, dipende soprattutto dalla Commissione europea decidere la risposta. Governi e Parlamento europeo hanno dato alla Commissione l’autorità di prendere iniziative dirette in caso di rischi immediati. In tali circostanze, la Commissione può, ad esempio, imporre determinate condizioni di vendita di cibi e mangimi. Può limitare o anche vietare la vendita dei prodotti alimentari interessati. Queste e altre decisioni operative sono discusse con gli Stati membri nel Comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali.
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6) Che tipo di controlli vengono oggi effettuati a tutela dei consumatori?
Dagli anni novanta, l’UE ha iniziato a rivedere il terzo elemento della strategia per la sicurezza dei prodotti alimentari: il sistema, cioè, che garantisce la conformità alle leggi sulla sicurezza. Le modifiche attuate mirano a una precisa attribuzione dei compiti e a fornire a tutti i consumatori gli stessi livelli di tutela. Oggi l’attenzione si concentra sulle fonti di maggior rischio più che su un campionamento regolare ma casuale. I rischi possono essere alti perché certi prodotti sono venduti in grandi quantità, o perché essi, o la zona da cui provengono, sono vulnerabili a particolari malattie delle piante o degli animali. L’UE sta anche ampliando la propria nozione di sicurezza alimentare. Invece di concentrarsi sulla sola contaminazione, essa estende i suoi controlli per verificare in modo sistematico se i prodotti soddisfano i requisiti d’informazione del consumatore e le norme sulle sostanze che essi possono o non possono contenere. L’Ufficio alimentare e veterinario (UAV), agenzia della Commissione europea con sede a Grange in Irlanda, deve tra l’altro verificare l’attuazione delle norme. I circa 100 ispettori dell’UAV percorrono in lungo e in largo non solo la UE ma il mondo intero per accertare l’esistenza di meccanismi adeguati di controllo e di attuazione. Nel corso dei controlli in loco, gli ispettori visitano produttori o impianti di lavorazione e verificano che tali meccanismi funzionino effettivamente. L’UAV può eventualmente inviare ispettori all’insorgere di una malattia dentro o fuori l’UE.
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7) Si sente parlare di sistema di allarme rapido, cosa è esattamente?
Il Sistema di allarme rapido per alimenti e mangimi (SARAM) fornisce informazioni rapide su rischi per il consumatore individuati di recente. Un governo dell’UE che scopra un alimento/mangime che esponga i consumatori a dei rischi, userà tale rete per informare sui rischi e sulle iniziative prese per impedire che la sostanza entri nel ciclo alimentare. Con ciò, il rischio sarà rapidamente reso noto in tutta l’UE e le autorità di altri paesi potranno decidere in fretta se pensano che anche i loro cittadini siano esposti a rischi. Si lanciano allarmi per la scoperta di salmonelle nella carne o l’uso di coloranti pericolosi nelle spezie, per il mercurio nei pesci o importazioni alimentari provenienti da impianti di lavorazione non autorizzati. La Commissione europea è il fulcro di una rete comprendente autorità nazionali e l’EFSA. Gli allarmi sono pubblicati su Internet.
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8) Si parla dei 4 marchi di qualità riconosciuti dall’ UE, quali sono?
I consumatori UE vogliono alimenti sicuri e di qualità e vogliono che l’UE rispetti le varie culture gastronomiche che esistono nei suoi confini. L’UE ha riconosciuto tale esigenza e ha sviluppato quattro «marchi di qualità». Le denominazioni d’origine protetta e le indicazioni geografiche protette (DOP e IGP) sono marchi che si applicano a prodotti agricoli o alimenti fortemente legati a una regione o a un luogo specifico. Il marchio IGP associato a un prodotto, certifica una caratteristica o una reputazione specifica di quest’ultimo, lo associa a un determinato luogo e garantisce che almeno una fase del processo di produzione, lavorazione e preparazione è in esso avvenuta. Esempi: Clare Island Salmon, Arancia Rossa di Sicilia, Dortmunder Bier. Ciò vuol dire che solo gli alimenti che possono usare quei nomi sono salmone dell’isola di Clare in Irlanda, arance sanguigne della Sicilia e birra della regione tedesca di Dortmund che soddisfano particolari caratteristiche di qualità. Il marchio DOP associato a un prodotto certifica caratteristiche che possono derivare solo dall’ambiente naturale e dal know how dei produttori dell’area di produzione cui è associato. Esempi: Huile d’olive de Nyons, Queijo Serra da Estrela, Shetland lamb. Cioè, solo l’olio d’oliva di un’area determinata nei pressi di Nyons (Francia), il formaggio di una certa zona della Serra da Estrela (Portogallo) e l’agnello delle isole Shetland (Scozia) che soddisfano una serie di impegnativi requisiti sono qualificati per usare il marchio. Il marchio specialità tradizionale garantita (STG) si usa per prodotti con peculiari caratteristiche, fatti con ingredienti o secondo metodi tradizionali. I prodotti di questo gruppo annoverano il pane Kalakukko, il Jamón Serrano e la birra Kriek, prodotti registrati rispettivamente da Finlandia, Spagna e Belgio. Il marchio agricoltura biologica significa che le sostanze alimentari sono state prodotte con metodi organici riconosciuti che rispettano l’ambiente e livelli elevati di protezione animale. Soprattutto, gli agricoltori evitano di usare antiparassitari sintetici e concimi chimici.
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